Giovanni Porzio – da Calcutta
Quando lavorava per la Bbc e per i quotidiani inglesi Ruchira Gupta non si illudeva di cambiare il mondo: girava l’India in cerca di notizie, scriveva i suoi reportage e li inviava a Londra. Poi, nel 1994, una storia ha dato una svolta imprevista la sua vita.
“Era un servizio di routine nelle campagne nepalesi” racconta. “Ma notai che nei villaggi le donne tra i 15 e i 45 anni erano quasi del tutto assenti. Cominciai a chiedere e la risposta era sempre la stessa: sono andate a Mumbai. Fu così che scoprii il traffico di esseri umani. I mediatori compravano le ragazze per 30 dollari in Nepal e le rivendevano per 100 alle tenutarie dei bordelli indiani”.
Ruchira decise di indagare. Grazie ai suoi contatti con i media internazionali e con le Nazioni Unite, con cui aveva a lungo collaborato in Asia e nei Balcani, ottenne il finanziamento per un documentario e si trasferì a Kamathipura, il quartiere a luci rosse di Mumbai. “Non avevo mai visto uno sfruttamento simile: adolescenti e bambine di 8-10 anni rinchiuse in loculi senza finestre e senza luce, costrette a soddisfare fino a 25 clienti al giorno; schiave del sesso senza documenti di identità, violentate, abusate, torturate, ridotte alla fame. Ero furiosa!”
Il cortometraggio The selling of innocents, trasmesso nel 1997 dalla tv canadese, vinse il prestigioso Emmy Award per il giornalismo investigativo. Ma Ruchira, figlia di un imprenditore di Calcutta dai solidi principi gandhiani, aveva già deciso di cambiare professione. Girando il documentario si era conquistata la fiducia delle prostitute, che le chiedevano di aiutarle, di fare qualcosa. “Anche i poliziotti le maltrattavano: le obbligavano a fare sesso senza preservativo e senza pagare. Non mi sentii di abbandonarle. Conoscevo la legge molto meglio dei presunti tutori dell’ordine!”
Il primo nucleo di Apne Aap (in hindi “autosupporto”), l’associazione creata da Ruchira con l’obiettivo di “abolire il traffico sessuale delle donne e dei bambini”, cominciò ad attivarsi in una scuola in disuso del distretto dei bordelli di Mumbai: un rifugio dove le ragazze potevano incontrarsi in sicurezza, rompere la cappa dell’isolamento, parlare, dormire, lavare i panni, fare una doccia.
Oggi Apne Aap, ufficialmente registrata nel 2002, gestisce centri di accoglienza e programmi educativi a Delhi, nel Bihar, nel Maharashtra e nel Bengala occidentale; ha aperto asili e cucine nei quartieri a luci rosse di Calcutta e di Mumbai; ha coinvolto oltre 10 mila prostitute; ha mandato a scuola 860 bambine e addestrato duemila poliziotti; ha fondato 67 cooperative in cui lavorano 1.200 ragazze e ha convinto 3.042 donne a firmare una petizione al parlamento indiano per modificare la legge sul traffico delle persone. Ruchira, che non dimentica la sua vecchia passione di reporter, ha anche fondato un giornale elettronico (Red Light Despatch, www.apneaap.org), interamente redatto da giovani prostitute. Bill Clinton, nel consegnarle nel 2009 il Clinton Global Citizen Award, ha definito i suoi “eroici sforzi” un esempio e “una fonte d’ispirazione”.
Ruchira alterna gli impegni istituzionali con l’attività sul campo. E’ membro del Comitato per le donne e i bambini del governo indiano, ha perorato per due volte la sua causa all’Assemblea generale dell’Onu, ha contribuito alla stesura del Protocollo delle Nazioni Unite per la prevenzione e la lotta al traffico di esseri umani e della prima legge su questa piaga approvata negli Stati Uniti. Ma è tra la sua gente che esprime tutto il suo prorompente e infaticabile attivismo.
Sonagachi, a Calcutta, è uno dei più grandi quartieri del sesso dell’Asia: 10 mila prostitute provenienti dal Nepal, dal Bangladesh, dal Bihar e dal Bengala, affacciate alle finestre dei bordelli, nella luce rosa e verde dei tubi al neon. Le ragazze ricevono i clienti, quasi sempre ubriachi, davanti ai figli, in minuscole stanze prive di servizi igienici che si aprono sui lunghi corridoi: un letto, uno specchio a muro, una lampada a gas, pareti di cartone dipinte di giallo e di viola. Le tenutarie controllano il viavai e riscuotono la tariffa: 200 rupie, meno di 5 dollari. Ma per strada si trovano ragazze a 20 rupie, neppure mezzo dollaro.
“A 25 anni sono finite” racconta Ruchira “e sono costrette a mendicare o a vendere le figlie. Quando le madri si ammalano e muoiono i figli maschi si aggregano alle bande dei ragazzini di strada e le femmine si prostituiscono. Quasi tutte sono sieropositive. Alcuni uomini sono convinti che stuprare una vergine li guarisca dall’aids: spesso i medici devono suturare lacerazioni della vagina in bambine di 10-12 anni”.
Solo in Asia le schiave del sesso sono più di un milione. La tratta delle donne è un’industria miliardaria e in costante crescita, stimolata dalla diffusione di internet, della pornografia, del turismo sessuale e coperta da un’omertà mafiosa che in paesi come l’India si avvale di connivenze politiche e istituzionali favorite dalla dilagante corruzione. Nella filiera del traffico sono implicati i finanziatori, i mercanti che comprano le ragazze, i doganieri, i trasportatori, i proprietari e le tenutarie dei bordelli, i protettori, gli usurai, i poliziotti. E naturalmente i clienti: “i principali responsabili, perché continuano ad alimentare la domanda”.
Secondo Ruchira, che non a caso ha subito pesanti minacce, per spezzare la catena e interrompere il circolo vizioso è indispensabile chiudere i bordelli e i quartieri a luci rosse, dichiarare guerra alle mafie dei trafficanti e inasprire le pene per i clienti. “Il Protocollo della Nazioni Unite è un primo passo importante” dice Ruchira. Nel frattempo si concentra sulla prevenzione e l’inserimento sociale.
Le campagne del Bihar, uno degli stati più poveri dell’India, sono il bacino di reclutamento di migliaia di ragazze. Nelle zone rurali i raccolti sono alla mercè delle piogge: se il monsone è scarso, la carestia si abbatte come un flagello. “I contadini si indebitano per acquistare il cibo e le sementi. Gli usurai chiedono in cambio le mogli, le figlie, le sorelle. E il meccanismo del traffico si rimette in moto”.
Ma Ruchira non si è mai persa d’animo. Nelle sedi di Apne Aap le prostitute seguono corsi di alfabetizzazione, di danza e di informatica, imparano a conoscere le leggi e a difendere i loro diritti, riacquistano fiducia in se stesse e consapevolezza della loro dignità di persone. Di notte, quando devono lavorare, possono lasciare i figli in uno dei centri di accoglienza. A Calcutta sono 140 i bambini tra i 2 e i 17 anni strappati ai bordelli: di giorno vanno all’asilo e a scuola. “Sono loro a darmi forza” dice Ruchira. “A chiedermi di non mollare”. E racconta la storia di Nana, nata in un postribolo, prostituta dall’età di 12 anni, alcolizzata e costretta a drogarsi. Oggi parla due lingue, padroneggia il computer e produce video per il web.